Si pubblica oggi la statistica report dell’indagine condotta da ISTAT in collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità sulle richieste di aiuto durante la pandemia.
Nel 2020 le chiamate al 1522, il Numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto all’anno precedente. In particolare, si è passati dalle 8.427 chiamate del 2019 alle 15.128 dell’ultimo anno. La crescita di contatti si è verificata anche via chat, con un incremento del 71%.
Sempre secondo il report dell’Istat, la violenza segnalata al 1522 è soprattutto fisica, con il 47,9% dei casi, ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica, che si attesta al 50,5%. Rispetto agli anni precedenti, si è registrato un aumento anche delle richieste di aiuto provenienti dalle giovani donne fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020 rispetto al 18,9% del 2019). Per quanto riguarda gli autori delle violenze segnalate, dall’indagine sul 2020 è emerso che per il 57,1% dei casi si tratta di partner e per il 15,3% di ex partner. Registrano una crescita anche le violenze commesse da altri familiari (genitori, figli, ecc.) raggiungendo il 18,5% nel 2020, rispetto al 12,6% del 2019. La casa si conferma il luogo principale della violenza: dal 2013 al 2020 il 75% delle vittime indica le mura domestiche come il luogo dove si consuma l’atto violento.
Un aspetto importante emerso dal report dell’Istat riguarda la capacità di adattamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio nella risposta alle richieste di aiuto durante il periodo di emergenza pandemica. Ebbene, se da un lato molti centri sono stati in grado di trovare nuove soluzioni di assistenza, grazie in particolare a una rete territoriale antiviolenza più articolata, dall’altro i centri antiviolenza che lavorano in modo isolato hanno avuto notevoli difficoltà: solo il 48% di questi, infatti, è riuscito a mantenere gli incontri in presenza con coloro che richiedevano assistenza.
Difficoltà riscontrate durante la pandemia anche per le case rifugio, in particolare nei primi 5 mesi del 2020: fino a maggio, le donne ospitate sono state 649, un numero minore (-11,6%) rispetto allo stesso periodo del 2019 (734). Il servizio di ospitalità alle vittime, insomma, ha risentito maggiormente della situazione emergenziale dovuta al Covid-19. Per cercare di rispondere a questa “emergenza nell’emergenza”, le Case rifugio hanno cercato di adottare altre strategie, come l’ospitalità in bed and breakfast o in altre strutture provvisorie, rese disponibili anche con il supporto delle Prefetture.